Possiamo dire, senza tema di smentita, di avere “inventato” tutti i personaggi di questo libretto, ma nel duplice significato che il latino invenire pare suggerire: e cioè di averli “trovati” dal vero nei gremiti edifici della Storia, di rado nei piani alti, talvolta nei pianterreni, più spesso negli sgabuzzini e nelle cantine, e, nel contempo, di averli “ritrovati” nelle accensioni capricciose della nostra immaginazione, su un pentagramma di sentimenti e risentimenti. Il fine è stato quello di confondere insieme, in una specie di contraddanza degli ingegni, guelfi e ghibellini, Gatti oriundi di Bretagna e Tignosi esuli di Magonza con poca pena di affiancare qualche raro gigante a una popolazione di nani festosi. Per ognuno di loro abbiamo voluto accendere un lumino funebre, prima che la ruspa della storia non abbia devastato o cancellato del tutto il volto della città e dei paesi di quella Tuscia in cui, per chissà quale ventura, si sono trovati a vivere. E così sia di noi.