Giovanni Tedeschi, Poeta di Blera, ha saputo trascrivere i segni perduti come un gesto di rabdomante. Il Solengo di Petrolone, come si faceva chiamare, ha cercato nelle parole, scavate dentro come gli abissi, il senso profondo della vita, scagliandosi a volo d’aquila contro una società nuova e profondamente lontana da lui. Poesia vernacolare di milza e di sangue, viscerale, carezzevole o tagliente a seconda dei temi: politica, società, amore, tradizioni. Cultura semplice e lingua schietta di contadino autodidatta, uomo di fede, scarpe grosse e cervello fino; un cercare Dio senza giogo del dogma, senza ipocrisie, fede di cuore e non di testa, bisogno di sentire l’Oltre, decifrando i sospiri della sua terra: le rovine, i muri, la gente, il canto dei torrenti, tramutati nel suo inno di pace, la sua ricerca del Bene a tutti i costi per tutti gli uomini, gli animali, le cose del mondo. Quella zona d’ombra fra il tempo e l’eternità che ci sfugge.