A conferma delle opere precedenti, l’Autore con questo volumetto puntualizza ulteriormente le caratteristiche della sua poetica.
Il riferimento di base resta sempre la descrizione in versi (ottava rima e quartina, parte prima) della condizione sociale, umana, culturale del “sistema” contadino ante-boom economico. Il presupposto è quello di una visione non antimodernista ma dell’involuzione che, unitamente al miglioramento socio-economico, accompagna il processo di industrializzazione (anni sessanta) e quello tecno-informatico attuale, involuzione del modus cogitandi e, quindi, vivendi. L’Autore rimprovera il non aver saputo coltivare un’eredità preziosa e plurisecolare, che doveva essere migliorata dalle nuove fasi. Invece, con un presupposto culturale pasoliniano, ha prevalso e prevale il processo di massificazione e di omologazione. Da ciò la scomparsa della dimensione autonomistica della comunità, di conseguenza della persona, aprendo la strada all’individualismo radicale, nell’accezione egoistica, e, contestualmente, nel “greggismo” indeforme.
L’Autore ritrova questa eredità nel territorio di nascita, la Maremma alto-laziale, definita ripetutamente madre, e sporadicamente matrigna, evidenziandone le condizioni socio-economiche ante Riforma Agraria (1952), cioè nel predominio del latifondo e della dipendenza bracciantile. Quasi una denuncia politica del fenomeno, filtrata e realizzata dai versi, e dalla nostalgia del sorriso nel paragrafo dei racconti, operando un recupero culturale del microcosmo paesano. Il terzo paragrafo è dedicato ai contrasti poetici, cioè le ottave della poesia a braccio, forma culturale ormai agli epigoni. In questo caso si può parlare di un vero recupero letterario.
In appendice una serie di contrasti moderni.
In definita una visione del passato per meglio capire il presente.
La casa editrice Sette Città ha edito questo volume, che raccoglie totalmente gli articoli, a firma di Pietro Angelone, già pubblicati quotidianamente per alcuni mesi in questo giornale nella rubrica che è stata riproposta nel titolo rispondente, cioè La Maremma che fu.
A conferma delle opere precedenti, l’Autore con questo volumetto puntualizza ulteriormente le caratteristiche della sua poetica.
Il riferimento di base resta sempre la descrizione in versi (ottava rima e quartina, parte prima) della condizione sociale, umana, culturale del “sistema” contadino ante-boom economico.
Il presupposto è quello di una visione non antimodernista ma dell’involuzione che, unitamente al miglioramento socio-economico, accompagna il processo di industrializzazione (anni sessanta) e quello tecno-informatico attuale, involuzione del modus cogitandi e, quindi, vivendi.
L’Autore rimprovera il non aver saputo coltivare un’eredità preziosa e plurisecolare, che doveva essere migliorata dalle nuove fasi.
Invece, evidenziando un presupposto culturale pasoliniano, ha prevalso e prevale il processo di massificazione e di omologazione.
Da ciò la scomparsa della dimensione autonomistica della comunità, di conseguenza della persona, aprendo la strada all’individualismo radicale, nell’accezione egoistica, e, contestualmente, nel “greggismo” indeforme.
L’Autore ritrova questa eredità nel territorio di nascita, la Maremma alto-laziale, definita ripetutamente madre, e sporadicamente matrigna, evidenziandone le condizioni socio-economiche ante Riforma Agraria (1952), cioè nel predominio del latifondo e della dipendenza bracciantile.
Quasi una denuncia politica del fenomeno, filtrata e realizzata dai versi, e dalla nostalgia del sorriso nel paragrafo dei racconti, operando un recupero culturale del microcosmo paesano.
Il terzo paragrafo è dedicato ai contrasti poetici, cioè le ottave della poesia a braccio, forma culturale ormai agli epigoni. In questo caso si può parlare di un vero recupero letterario.
In definita una visione del passato per meglio capire il presente.
Già in vendita presso la Libreria Fernandez in Viterbo Via Mazzini, n° 87, con il prezzo di € 13.