L’autore, scavando nella miniera dei ricordi, sulle orme degli scrittori veristi, a lui cari, Luigi Capuana (1839-1915) e Giovanni Verga (1840-1922), riflettendo sulle pagine dell’abruzzese Ignazio Silone (1900-1978), particolarmente su quelle del romanzo Pane e Vino e su quelle del calabrese Corrado Alvaro (1895-1956), tutti autori che trattarono del mondo contadino e paesano, ci offre una serie di ricordi-racconto (quasi un piccolo diario personale, reso pubblico), elaborazione letteraria, nella maggior parte dei casi, di fatti veramente accaduti, altri concedentesi alla fantasia, ma in un preciso contesto realistico, con sfumata tendenza sociologica in- sieme ad una manifesta nostalgia del sorriso e dell’ironia. Così episodi di vita quotidiana diventano piccoli racconti. Il paese, concepito come microcosmo, e poco aperto a intrusioni esterne, identificabile con quello suo di nascita (quindi nella Maremma alto-laziale), è punto di riferimento, ma può essere esempio del territorio e sconfinare. Nostalgia dello ieri e di quella civiltà contadina (con riferimento filologico a P. Paolo Pasolini), che sembra rasentare letterariamente la cosiddetta retrotopia, ponendosi così in contrapposizione con gli aspetti più controversi della contemporaneità. Del resto una condizione che l’autore ha già manifestato con scritti precedenti.