La Roma dell’epoca moderna fu una realtà istituzionale, topografica, architettonica e culturale in sé creatrice e propagatrice: communis patria dei cristiani a fronte delle frammentazioni nazionali, linguistiche e etniche, delle specificità dei diversi ordini religiosi e dei plurimi retaggi storici che sempre più contraddistinguevano le aree di diffusione della religione cattolica. Le strutture di accoglienza dei pellegrini, gli organismi internazionali in cui venivano parlati numerosi idiomi, i collegi, le accademie e le confraternite plurilinguistiche, stimolate dalla politica delle indulgenze e delle conversioni, fecero progressivamente assumere a Roma, tra Quattro e Seicento, una centralità che costituì il prerequisito simbolico indispensabile alla “giurisdizione sul mondo” incarnata dall’opera di Propaganda Fide. In conseguenza di questo processo, nel corso del Cinquecento Roma mutò stabilmente la sua struttura e la sua fisionomia: dall’epoca di Giulio II a quella di Sisto V e Clemente VIII, l’aggregato di eredità medioevale, per diversi aspetti caotico, si trasformò in un moderno tessuto urbano, che sarebbe durato, sebbene demograficamente depauperato, fino alla città primo ottocentesca.