Terza città papale Viterbo ha una sua connotazione materiale precisa: quel peperino che è una pietra lavica trachitica estratta dai monti Cimini, distesa accanto ai letti di tufo. Pietra che si presta alla lavorazione di membrature sottili e di minimi dettagli, come non a caso si può riscontrare nella Loggia dei Papi. Una pietra infine che fa da legante storico come testimone culturale con tanto di sapienze costruttive, quanto di agente determinante di scelte nei programmi di una renovatio urbana precisa. È così che a Viterbo la visione della Loggia papale, di quel suo celebre schermo lavorato come una trina, giunge all’occhio dell’osservatore dopo che questi ha già attraversato sequenze di piazze e piazzette, seguendo le pulsazioni dei tempi della sua storia così sfaccettata come la sua duttile morfologia, snodandosi fra strade dall’andamento mosso, variando e intersecandosi con quell’altro elemento architettonico così diffuso qui come un blasone: quello delle scale a profferlo.