Nel 1781 vennero pubblicati Hymns in Prose for Children, ultimo capolavoro per bambini della scrittrice dissenziente Anna Laetitia Aikin Barbauld. Lungi dall’essere semplicemente un manualetto didascalico, l’opera fu in grado di offrire un’innovativa risposta in chiave pedagogica al fenomeno tardo settecentesco definito come “Puritanesimo modificato”. La necessità di adattare la regola morale e religiosa alle esigenze di una società che aveva accolto le prerogative del razionalismo e del progressismo di stampo illuministico si rifletté nello sforzo barbauldiano di integrare “ragione” e “sentimento”. Per fare ciò l’autrice si avvalse dei metodi suggeriti dalla Practical Education, mentre dal punto di vista precettistico ideò un originale rimpasto delle teorizzazioni offerte da John Locke, David Hartley, John Wesley e Francis Hutcheson. L’impianto formale e linguistico, anch’esso unico nel suo genere, contribuì a far riscuotere all’opera ampio successo. Lo testimoniano il gran numero di edizioni, diciassette solo in Gran Bretagna, ed il proliferare delle traduzioni in varie lingue. L’analisi comparata del testo in inglese e di due delle prime traduzioni in italiano evidenzia il processo di esautorazione cui un’opera è necessariamente sottoposta nel momento in cui viene trasmessa al suo lettore reale. I traduttori ottocenteschi, particolari fruitori, trasponendo il testo, lo modificarono per adattarlo alle proprie esigenze culturali e comunicative, così creando opere in sé originali.