“...A volte in profonda crisi mi soffermo a guardare una pianta e mi chiedo se farò in tempo a gustare i frutti, ma nello stesso tempo ringrazio Dio che mi dà la possibilità di godere i suoi fiori”. Lorenzo Poleggi ha un’età in cui la consapevolezza dell’esistenza è ormai radicata nello spirito. Le difficoltà del crescere in un’epoca di ricostruzione e con i dolori di una guerra appena finita alle spalle sono ormai insiti in lui e possono essere rivisti con l’occhio di un uomo che può concedersi il lusso di essere onesto con se stesso e confessarsi al mondo in totale libertà. Ed ecco che l’essere vecchio – appellativo tanto disprezzato nel libro – si trasforma in una benedizione, nella capacità di godere del miracolo della vita che si rinnova ogni giorno e diventa stimolo per lasciare un’impronta, una conferma che ogni esistenza vale la pena di essere vissuta, che dietro ad ogni dolore c’è la consapevolezza e la gioia di essere uomini. Con un occhio malinconico verso una gioventù lontana (...Cara gioventù perché non ti sei fermata con noi?...) l’autore prende per mano il lettore e attraverso le pagine della sua vita lo conduce in una realtà a molti familiare. A tratti ci farà sorridere, spesso commuovere, ma sicuramente non potrà non coinvolgerci quando lo stile insolito e colloquiale – anche attraverso l’uso del dialetto – ci avvicinerà a un’intimità dai toni sofferti ma vitali e personali.