Dodici racconti, come le note, compresi i mezzi toni. Un album di vecchie foto di carta opaca, in bianco e nero. Un lunario illustrato di vie Mazzini e di prato giardini, lavatoi, vicoli medievali...partiture della memoria. Topografie del peso e della leggerezza che hanno le parole perdute. Una scuola di ricamo. Un negozio di stampe e cornici, e ritratti di nonne analfabete e professori di chimica. Destini, muretti, librerie. Un Montgomery blu comprato “a cresce-re”. E nomi smessi. Sotto l’ombra lunga della montagna di Cetona. In queste pagine scorre un Novecento privato, con i suoi armonici e il suo lessico famigliare. Un vajont di ricordi su cui a voltesi trapianta l’irruzione drammatica del presente. Il racconto della provincia condotto da una voce sempre esuberante e vitale, felice di dondolarsi sulla corona del tempo come una farfalla su un filo d’erba. Quasi fosse un viaggio a ritroso attraverso lo specchio in un paese delle meraviglie già abitato. Perchè ricordare, come ci ha insegnato Eduardo Galeano, proviene dal latino recordare. Non vuol dire nient’altro che ripassare dalle parti del cuore.