La superficie affrescata della Sala Regia viterbese è fra i più notevoli lasciti pittorici nella Tuscia, se non fra i più alti, ché Lorenzo non è che a poche centinaia di metri e il Domenichino del Palazzo Giustiniani-Odescalchi di Bassano Romano a poche decine di chilometri. E non si allude qui al connotato di generica “fonte storica”, comunque presente, ma proprio a quella documentarietà tutta interna all’arte, quella possibilità, sia pure spesso inconsapevole, di essere frutto facile e persino corrivo, e al contempo, proprio per questo, uno specchio estremamente fedele della reazione dell’ambiente, dell’aroma, dell’effetto diffuso di apparizioni più alte e ispirate. E di apparizioni di tal rango, era proprio tempo. Non si vuole qui ri-citare il precedente diretto della Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano, già acutamente identificato e sceverato nel saggio del Bonelli oppure tutta la serie di rivoli (come il cantiere zuccariano di Caprarola) che confluiscono nel sostanziale eclettismo di Baldassarre Croce (tutte cose ampiamente trattate nel volume).