“Trafficanti dello spirito” definì i viaggiatori Francesco Algarotti, per il quale la vita delle città via via assunse sempre maggior significato rispetto alle tante accademie e corti frequentate. Le impressioni raccolte a Pietroburgo nell’estate del 1739 nel Giornale del Viaggio da Londra a Petersbourg e rifuse venti anni più tardi nei Viaggi di Russia divennero infatti uno dei suoi libri più apprezzati. Questa grande figura intellettuale del nostro Settecento lo fu anche per la suggestiva geografia culturale che emerge dalle sue opere: l’America andina, la Cina, l’Africa, le Terre australi. E poi l’Europa: l’Italia “paese delle antichità” per il quale auspicava un profondo rinnovamento culturale, l’Inghilterra “vero emporio e centro del mondo”, la Francia “nazione grande e unita”, l’Olanda, la Prussia, la Svezia, la Polonia, fino appunto alla Russia. Ma attraverso il dibattito sull’eredità di Pietro il Grande e sull’ingresso di quel paese nel sistema europeo, alla metà del Settecento si discuteva in realtà dell’identità europea e delle sue frontiere, alle quali sembrava affacciarsi Pietroburgo, “finestra sull’Europa”: a partire dalla metafora che Algarotti fu il primo ad adottare, questo studio indaga sul piano concettuale uno dei cardini per la formazione dell’Europa moderna.