L’apparente paradosso di una “patria espatriata” rimanda a una materia fatta oggetto di ben scarseri essioni in ambito storiogra co come quello dei rapporti fra gli emigranti, gli emigrati (e i loro gli e discendenti) con la loro terra di origine sotto il pro lo dei sensi di appartenenza a un luogo e a una nazione. La questione, oggi assai dibattuta, delle identità nazionali e dei caratteri regionali,della genesi di entrambi e dei loro caratteri non solo a livello colto e borghese, ma anche popolare conosce all’estero, per coloro che vi vanno magari sprovvisti in partenza d’idee precise al riguardo(come più tardi anche per gli storici), sviluppi complicati e inattesi che ne fanno per tutti un banco di prova davvero fuori dell’ordinario. La natura per antonomasia “transnazionale” dell’esperienza emigratoria e immigratoria, infatti,quasi mai contrasta con uno degli e etti, il “patriottismo” per assenza, sicuramente indotti dal “trapianto all’estero” (provvisorio o de nitivo) di donne e di uomini come quelli espatriati dall’Italia fra otto e novecento di cui molto si parla in questo libro nel tentativo di mettere meglio a fuoco, ea confronto, i loro sentimenti e i loro orientamenti rispetto a temi quali la nostalgia e il ricordo del “mondo di prima”, la costruzione di immagini epiche della loro emigrazione, le guerre e l’ideologia nazionalista, l’etnia e i localismi, l’identità e gli “a ari”. In un percorso che si snoda lungo l’arco diquasi due secoli l’analisi dell’autore passa attraverso domini diversi ponendo in luce l’evoluzione di atteggiamenti mentali, di retaggi culturali e di eredità politiche e materiali di un’Italia “fuorid’Italia” no a poco tempo addietro mal conosciuta e ancora oggi, talvolta, strumentalizzata e pericolosamente fraintesa